Il Natale in povertà da piccolo ("I miei genitori lavoravano tutto l’anno per poter regalare qualcosa a me e mio fratello. Abbiamo vissuto periodi difficili, non avevamo i soldi per l’affitto e abitavamo in una casa che ci hanno prestato"), il gol che arriva raramente, la sensazione di sentirsi sottovalutato. Lautaro Martinez si confessa al Corriere della Sera ed apre il baule dei ricordi.

L'infanzia di Lautaro

L'argentino fa derivare la sua rabbia dall'infanzia difficile_ «Sì, da piccolo io non avevo niente. A volte non sapevo dove avrei dormito la sera. Sono cose che mi hanno marcato come uomo e tutto quello che ho passato cerco di trasmetterlo in campo. Fuori dal calcio, cerco sempre di dare una mano e sono felice di andare a trovare i bambini che non stanno bene: capisco quello che vivono, le loro difficoltà. All’esordio in prima squadra ho preso due gialli in due minuti per due scivolate: vivevo tutto come una battaglia, perché volevo sempre dimostrare qualcosa. Gli psicologi mi sono serviti tantissimo: a essere più tranquillo, a pensare due-tre secondi in più alle cose e anche nel dialogo con l’allenatore. Dettagli che fanno la differenza».

Il gol che non arriva

All’Inter segnano tutti tranne lui: «Sono un attaccante e vivo per il gol. Però si deve anche analizzare la partita che uno fa. E io in questi mesi sto giocando più lontano dall’area, perché mi piace far salire la squadra: è una cosa che sto aggiungendo al mio gioco e mi sento bene così. Marcus sta più centrale e più avanzato, ma non è una cosa studiata: nasce dalla nostra intesa in campo. L’anno scorso spesso era lui che arretrava un po’ o si allargava, adesso tocca a lui fare più gol».

Il Toro si sente sottovalutato

Lautaro è arrivato settimo posto al Pallone d’oro: «Ci sono vari aspetti, ma credo di aver fatto un anno importante, non solo perché sono stato capocannoniere in Copa America e in serie A, ma anche per il modo di giocare. Se mi sento sottovalutato? A volte sì. Però i trofei di squadra hanno un peso diverso. Anche Inzaghi è sottovalutato. Il suo segreto è che continua a volte a pensare come un calciatore, quindi ci capisce tantissimo e vive le cose come noi. Per me poi la fortuna è doppia, perché lui è stato attaccante e quindi mi lascia la testa libera e il sorriso. Sono cose molto positive. Io con Conte ho imparato tantissimo e lo ringrazio. Con Inzaghi sento di essere cresciuto a livello altissimo».
 

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