Le responsabilità di Spalletti nel flop dell'Italia
Il tecnico di Certaldo è finito nel mirino delle critiche dopo l'eliminazione dagli Europei
EURO 2024 è stato uno dei peggiori tornei mai disputati nella storia degli Azzurri. Non tanto per l'uscita agli ottavi di finale contro la Svizzera, comunque un risultato misero per una nazionale pur sempre detentrice del titolo, quanto per le prestazioni offerte, che non sono state mai all'altezza. Eccezion fatta per il primo tempo con l'Albania, l'Italia è apparsa in confusione e a corto di energie in tutte le partite disputate in Germania: dominata dall'inizio alla fine contro la Spagna, in grossa difficoltà (anche sul piano del ritmo) contro una Croazia ormai giunta a fine ciclo e in balia della Svizzera per 90 minuti, in un match umiliante con un solo tiro in porta effettuato. Inevitabile che, dopo un disastro di queste proporzioni, il commissario tecnico non possa uscirne incolume: Luciano Spalletti è stato travolto dalle critiche in seguito al flop azzurro.
Convocazioni e scelte tattiche discutibili
Risultano difficili da spiegare persino le convocazioni, poiché totalmente sconfessate dalle scelte tattiche dell'allenatore toscano. Spalletti aveva infatti chiamato dieci difensori, quasi tutti abituati a giocare in un 3-5-2 (si pensi a laterali a tutta fascia come Bellanova, Cambiaso e Dimarco o a "braccetti" difensivi come Darmian, Buongiorno, Gatti e Bastoni), per poi però giocare in modo completamente diverso, riproponendo la difesa a tre soltanto nella prima ora di gioco contro la Croazia. La sensazione è che quindi il 65enne di Certaldo abbia deciso soltanto in seguito di optare per altre soluzioni tattiche (come il 4-2-3-1 e il 4-3-3 proposti contro Albania, Spagna e Svizzera): non si spiegherebbero altrimenti le esclusioni di tutti gli esterni alti di piede mancino (come Orsolini e Politano), che sarebbero tornati utili e non avrebbero costretto Chiesa a partire sempre da destra, dove rende di meno.
La scelta più scontata sarebbe stata quella di sfruttare il "blocco Inter" e di cercare di riproporre anche in nazionale il gioco di Inzaghi, affidandosi al 3-5-2, un modulo conosciuto pressoché da tutti gli interpreti convocati (l'unico problema, in tal senso, sarebbe stata la posizione di Chiesa: negli anni trascorsi alla Juve sotto la guida di Allegri ha ampiamente dimostrato di non saper fare la seconda punta). Decidendo di non sfruttare l'usato sicuro, Spalletti ha finito per schierare diversi giocatori fuori ruolo: abbiamo così visto Bastoni per la prima volta sul centro-destra in una difesa a quattro per farlo coesistere con Calafiori, Darmian in difficoltà nella posizione per lui non più abituale di terzino sinistro, Fagioli schierato come regista davanti alla difesa anziché come mezzala, Cristante incursore contro la Croazia...
Se è vero che Spalletti ha vinto la scommessa Calafiori (insieme a Donnarumma, l'unico azzurro a salvarsi), allo stesso tempo altre scelte personali non hanno pagato: per esempio, dare fiducia in tutte le partite al suo fedelissimo Di Lorenzo, reduce da una pessima stagione con il Napoli e ripetutamente ridicolizzato nell'uno-contro-uno dallo spagnolo Nico Williams, o lanciare a sorpresa El Shaarawy, fino a quel momento mai impiegato, dal primo minuto contro la Svizzera, preferendolo a Zaccagni. Il caos tattico ha finito per confondere le idee anche ai calciatori: alla quarta formazione cambiata in quattro partite, hanno finito per non capirci più nulla.
La gestione di un torneo breve
Spalletti, nel corso della sua carriera, ha dimostrato di essere un allenatore indiscutibilmente bravo sul lungo, mentre invece ha dimostrato qualche limite nelle gare secche, quelle da dentro o fuori, da preparare più con la testa che su un piano tattico. In Champions League non ha mai superato i quarti di finale, e quando ci è arrivato o ha rimediato una disfatta storica (il 7-1 subito dalla sua Roma contro il Manchester United) o ha dato l'impressione di sprecare l'occasione della vita (la doppia sfida dello scorso anno con il Milan si sarebbe potuta gestire in modo diverso). Durante la sua esperienza russa, ai tempi dello Zenit San Pietroburgo, gli veniva spesso mossa la critica di steccare tutte le trasferte europee, mandando in campo una squadra impaurita e senza idee, proprio come l'Italia "ammirata" contro la Svizzera. Potremmo forse dire, in sintesi, che Luciano Spalletti è un tecnico più da campionato che da coppe e quindi tantomeno da competizioni brevi come gli Europei o i Mondiali.
Anche a livello di comunicazione sono stati commessi degli errori, che hanno spostato il focus su argomenti di importanza relativa (uno su tutti, il tormentone sulla play station). Il ruolo di sergente di ferro che Spalletti si è voluto cucire addosso, con dichiarazioni sibilline, comandamenti e liste di regole da rispettare, si è rivelato alla fine un boomerang e ha finito per allontanarlo dallo spogliatoio, che ha dato l'impressione di non aver troppo gradito certe imposizioni e uscite un po' gratuite. Con il senno di poi, la disfatta era già scritta.
Non ci sono campioni, ma è mancata anche l'organizzazione
Per quanto principale responsabile del fallimento, non mancano comunque le attenuanti per Spalletti. Innanzitutto, rispetto ai commissari tecnici che lo hanno preceduto, ha avuto meno tempo per costruire una squadra a sua immagine e somiglianza, ritrovandosi costretto a giocare subito gare fondamentali per raggiungere una qualificazione che non era ancora stata conquistata sul campo. A parte poche eccellenze (Donnarumma, Bastoni, Barella, più Calafiori se si confermasse a questi livelli), il materiale a disposizione non era di primissimo livello: una difesa nel complesso buona, un centrocampo poco più che discreto e soprattutto poche soluzioni in attacco. Rispetto all'Europeo vinto tre anni fa con Mancini, l'Italia non può più contare sull'esperienza di Bonucci e Chiellini, sulla tecnica e il palleggio di Verratti e Insigne, mentre elementi chiave come Jorginho e Chiesa, per vari motivi, sono drasticamente calati di rendimento. Mancano sicuramente quei campioni in grado di risolvere la partita con una giocata: l'Inghilterra ha disputato un incontro altrettanto osceno contro la Slovacchia, ma a pochi secondi dalla fine Bellingham si è inventato una rovesciata da copertina e Kane ai supplementari ha subito ribaltato il punteggio. Tuttavia, anche senza stelle di prima grandezza dalla trequarti in su, è possibile fare strada in un Europeo: lo stanno dimostrando nazionali come Austria, Slovacchia o la stessa Svizzera, così come lo dimostrò l'Italia di Conte nel 2016, che eliminò la Spagna agli ottavi e poi uscì ai rigori contro la Germania campione del Mondo in carica schierando titolari i vari De Sciglio, Sturaro, Parolo, Giaccherini, Eder e Pellé. Anche con una nazionale povera di talento si sarebbe potuto fare molto meglio, dando un'organizzazione e delle certezze alla squadra. Invece, tutto questo è mancato.
Alberto Farinone