Compie 70 anni una leggenda del calcio italiano: Marco Tardelli si confessa a La Stampa e al Corriere della Sera e rivela aneddoti gustosi.

Pelè e l'avversione a Maradona

Un retroscena curioso Tardelli lo rivela su Pelè e Maradona: «Non si sopportavano. Alla festa d’addio di Platini, avevamo fatto un pullman di vecchie glorie. A un semaforo, ci affianca una limousine: sopra c’è Maradona, che ci saluta. Allora Pelé fa fermare e dice: o sale sul pullman anche lui, o io non vengo. Platini scende e negozia. Alla fine, Maradona viene con noi e s’avvicina a Pelé: ma dai, perché fai così… Diego era un genio, circondato da gente strana. Prima che arrivasse in Italia, un dirigente Fiat l’aveva segnalato all’avvocato. Certo, se Boniperti avesse dato retta all’avvocato e l’avesse preso, chissà…».

Agnelli e il massaggiatore a domicilio

Falso che scioperò contro Platini: «Ma no. Semplicemente andai da Boniperti con Scirea, Gentile e Rossi a domandare perché Platini guadagnasse più di noi, che eravamo campioni del mondo. Boniperti era un papà col quale litigavo, sapeva essere duro e generoso. Come arrivai alla Juve, mi levò braccialetti e collanine, m’obbligò a tagliarmi i capelli. Poi un giorno, mentre firmavo autografi, gli chiesi la penna in prestito. Mi passò la Cartier d’oro e mi disse: tienila, te la regalo. Era uno che non ti faceva mai sentire solo. Come Agnelli, del resto. Mi è stato molto vicino nei momenti di difficoltà. Ero appena diventato padre, dormivo pochissimo di notte per badare a mia figlia Sara. Mi allenavo male e finii per stirarmi. L’Avvocato mi chiama e mi dice che mi avrebbe mandato il suo massaggiatore. Vengo guardato male dagli altri, vado in campo e dopo venti minuti mi rifaccio male. Stiramento. L’indomani mi ritelefona l’Avvocato e gli dico “guardi questa gamba me la taglierei”. E lui: “lo dice a me...”. Non ci siamo sentiti per un po’...Quanto contava nelle scelte della Juve? Si intrometteva poco. Se l’avesse fatto di più Maradona sarebbe arrivato alla Juve. Gliel’aveva segnalato un funzionario della Fiat argentina, ma Boniperti non credeva un dirigente d’azienda potesse saperne di più di lui. E così non se ne fece nulla».

Poi ricorda: "Settant’anni sono tanti, non è una banalità. Ma non mi sento ancora nonno, nonostante lo sia di due splendidi gemelli. Se ho fatto il calciatore è anche grazie all’aiuto dei miei fratelli maggiori. Tutti e quattro avremmo voluto fare i calciatori. Danilo, il più grande, piaceva al Torino, ma non ebbe il permesso di andarci. Flavio era bravo, ma troppo pigro per fare carriera. Tullio era un tipo alla Gattuso, ma poi ha smesso. I miei fratelli mi hanno regalato la valigia per il primo ritiro, mica me la potevo permettere».

Tardelli e l'urlo Mundial

Impossibile non ricordare l'urlo al gol alla Germania nella finale dell'82. Senza l’urlo sarebbe diventato ugualmente Marco Tardelli? «Diciamo che mi ha aiutato un pochino. Nella vita l'ho fatto quando sono nati Sara e Nicola. Lo faccio a volte con Myrta, ma senza volerci male. In una coppia ci scappa ogni tanto».

Ha perso prematuramente due compagni di viaggio: Scirea e Rossi: «Di Paolo non mi lascia mai il suo sorriso, a volte pensavo fosse sulle nuvole. Era un grande amico. Di Gaetano ricordo le notte insonni passate a parlare. Non l’ho mai visto arrabbiato. Un esempio incredibile. Ho tanti amici nel mondo del calcio. La maggior parte del periodo Juve. Prenda Zoff, mi ha sempre aiutato, andavamo in vacanza insieme a Punta Ala. Dino è una persona su cui puoi contare e spero che venga alla festa dei 70 anni. Dice sempre di sì, poi magari cambia idea. Il pantheon calcistico di Tardellli? Risposta impossibile. Paolo Maldini, Maradona, Platini, Zoff, Pirlo. E Vincenzo D’Amico, un talento incredibile. Che ha creduto troppo poco in se stesso».

 

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