"Fagiolino è morto, non c'è più, oggi sono Nicolò". Si chiude così l'intervista rilasciata da Fagioli al direttore del Corriere dello sport Ivan Zazzaroni. Una confessione-sfogo dopo la bellissima prova proprio contro la sua ex squadra, il tassello che mancava per mettersi alle spalle la lunga storia bianconera fatta di momenti belli e brutti (gli ultimi).

La responsabilità della maglia della Juve

Da predestinato (con tanto di impropri paragoni con Del Piero) a bollato: sono stati anni da montagne russe per Fagioli che dopo la bufera scommesse si è rimesso in gioco ma è stato fatto fuori da Motta. Il racconto del giocatore è accorato: “Alla Juve non riesci nemmeno a godere delle vittorie. Hai vinto una partita, la devi subito dimenticare e guardare avanti. Se non vinci ti senti addosso tutte le responsabilità del mondo. Indossare quella maglia non è semplice».

"Alla Juve devi vincere vincere vincere, non puoi sbagliare. Se sbagli vai fuori. E se sei il giovane diventi il primo cambio e nessuno dice niente. Solo Allegri mi ha dato la possibilità di giocare con continuità. Dopo Genoa e Lipsia Motta non mi ha più considerato. Firenze mi ha restituito il piacere e la leggerezza.

Fagioli e le lacrime all'addio

Fagioli è rinato a Firenze: "Mi sono riappropriato della mia vita… Alla Juve sono stato undici anni, quando a fine dicembre ho deciso che me ne sarei andato mi sono sentito più leggero. Ma nel momento dell’addio ho pianto. Una bella botta. Ho pianto senza accorgermene, quel giorno mi sono reso conto che si chiudeva una lunga fase della vita, lasciavo i posti, i compagni, il tragitto di tutti i giorni. È stato traumatico. La Fiorentina mi ha accolto con tanto affetto e la novità ha finito per prevalere sul resto”.

“La partenza da Torino mi ha permesso di esaurire la fase del ragazzino. Che mi stava molto stretta. La stessa cosa l’ha provata Moise. Alla Juve eravamo sempre quelli del settore giovanile, della Next Gen, trattati come tali. Uno scotto che abbiamo pagato”.
 

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