Lele Adani divide tra chi lo ama senza condizioni e chi lo critica per ogni sillaba che pronuncia. Un personaggio che è riuscito a crearsi una seconda vita dopo quella da calciatore, stagliandosi per la sua personalità prorompente e le sue analisi sempre puntute e ficcanti. E divisive, ovviamente, ma questo fa parte del gioco.

Adani: “Sono uno meticoloso, nel calcio come nelle telecronache”

Tantissimi gli argomenti trattati nell'intervista, in cui l'ex difensore ha parlato del suo modus operandi nelle vesti di opinionista e seconda voce in telecronaca ("Sono uno che pretende molto da sé stesso: prima di una partita studio tantissimo, sono meticoloso”) e del suo passato in campo, in cui non gli importava tanto dei “soldi o della fama”: gli bastava inseguire un pallone per essere felice. “Non ho mai rischiato di perdermi. Non mi è mancato nulla: feste, discoteca, amici, vacanze, baldoria, però solo quando era il momento. Non sempre”.

“Inter favorita per lo scudetto, Juve rivelazione”

Poi Adani ha parlato delle sue ex squadre. Sull'Inter, dove militò nei primi anni Duemila, riserva in particolare un commento sull'ex presidente Moratti: "Aveva l’abito del presidente e lo spirito del tifoso: si divertiva il giusto ma soffriva tanto. Quando acquistava un campione era felice". E a proposito dei nerazzurri, a suo dire sono i favoriti per lo scudetto. “E come rivelazione guardo alla Juventus di Thiago Motta”. Ma non crede che quest'anno un'italiana si farà valere nelle coppe europee vincendole. 

“Alla Fiorentina non prendevamo lo stipendio, ma Cecchi Gori ci rassicurava”

Tornando al passato, parole più agrodolci per la Fiorentina dell'era Cecchi Gori:

Ho giocato negli ultimi tre anni della sua gestione, prima del fallimento: persona appassionata, con la Fiorentina dentro. Di lui ho due immagini: dopo la vittoria contro il Manchester United in Champions era talmente felice da entrare nello spogliatoio, e sempre felice è finito nella cesta dei panni sporchi. Insomma, è stato buttato lì. Però era felice. E poi non prendevamo lo stipendio da mesi, eppure chiamava tutti, me compreso e ci invitava: “Non credete alle voci, metto tutto a posto”. È fallito.

La fuga con la Coppa Italia e l'aneddoto legato a mister Baldini

A proposito dei viola, Adani ha poi svelato un aneddoto curioso legato a quell'epoca: 

Con la Fiorentina, nel 2001, ho vinto la Coppa Italia. A un certo punto, durante la notte, la Coppa non si trovava. Tutti a cercarla. Era a casa mia, partecipe di una notte di fuoco con una donna, oggetto del desiderio.

E a proposito di ricordi particolari, Adani ne ha uno anche per il suo periodo al Brescia. In questo caso scaturito alla domanda su chi fosse l'allenatore che più ha rappresentato per lui un punto di riferimento:

Baldini era un fratello. Una delle persone più leali e senza filtri che il calcio tende a isolare. Mi nominò capitano a Brescia e avevo appena 23 anni. Una volta mi squalificarono, così venne nello spogliatoio: ‘Venerdì, prima dell’alba, ti porto in un posto. Vieni sotto casa’. Destinazione Monte Baldo, lo conosceva bene perché ci andava a caccia o a funghi; fu una passeggiata spirituale e, raggiunta una radura, proprio all’alba, si spogliò nonostante il freddo. Il suo messaggio era che nonostante il clima, quando uno trova se stesso, non teme nulla. A quel punto mi lasciò per un quarto d’ora, per una sorta di preghiera”.

“Cassano è il Gattuso del padel”

Tornando al presente Adani ha poi lodato il suo collega di streaming ed amico Cassano:

Antonio è la voce della libertà. È anche leale e sincero. E lo ripete: ‘Ero un cazzone, non mi comportavo da professionista’. Resta un dato: ha giocato con Milan, Roma, Inter, Nazionale e Real Madrid. Sulla carta il cv c’è. Oggi? È il Gattuso del padel. Ha messo nel padel quella serietà che non ha riversato nel calcio, perché riconosce di non avere talento. Si allena quattro ore al giorno, ma si atteggia a gregario. Quando parla è divisivo perché cerca il bello, la raffinatezza. Mentre a padel è proprio Gattuso. Gattuso è il metro di paragone del sacrificio e del territorio. Chi porta le sue radici vince sul lavoro.

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