Perché club e media non chiedono la testa di Gravina? Lo spiega Il Fatto Quotidiano
L'abile politica del presidente FIGC lo mette al riparo dalla mancata rielezione anche dopo l'indecorosa disfatta dell'Italia agli Europei.
Dimissioni impossibili, ormai è assodato: in Italia non si dimette quasi mai nessuno, figuriamoci se lo farebbe Gravina. Ma come mai il presidente FIGC a novembre otterrà un plebiscito di consensi? Perché i club non cacceranno il principale responsabile dell'indecorosa disfatta di Euro 2024? E come mai i media sembrano così teneri nei confronti del numero uno della Federazione? Tutti a chiedere la testa di Spalletti, nessuno che muova critiche alla gestione di Gravina. Se lo chiede Il Fatto Quotidiano, che in un articolo a firma Lorenzo Vendemiale dà pure le risposte: il boss della FIGC è praticamente inattaccabile, si è creato una rete di consensi micidiale. La farà franca anche stavolta.
Il sistema Gravina comincia dai Dilettanti
Scrive il giornalista de Il Fatto Quotidiano: “I vertici del calcio italiano sono tutti o alleati o piazzati da Gravina, se non proprio, in certi casi, a libro paga della Figc. Per non parlare dei principali quotidiani sportivi e non, inondati di pubblicità dalla Federazione”. Insomma, il furbo Gravina ha lavorato in prospettiva. Facendo gli interessi del calcio italiano? Forse. Pensando di farli, certamente. Ma principalmente pensando ai suoi. Chi lo sfiducerà, infatti? Non i Dilettanti. “Da soli valgono il 34% dei voti”, osserva Vendemiale. “E infatti sono sempre stati decisivi nell’espressione del presidente federale: erano guidati dal suo ultimo vero rivale, Cosimo Sibilia, che avrebbe dovuto succedergli in un patto fra gentiluomini che i due avevano firmato, e invece è stato silurato. Al suo posto, Gravina ha ripescato il sempreverde Giancarlo Abete, 73 anni, prima commissario e poi presidente, per controllare l’impero dei Comitati regionali, che anestetizzati con qualche mancetta assistono silenti alla morte del calcio sul territorio, dove ogni anno scompaiono società e tesserati”.
Gli altri feudi che blindano la poltrona di Gravina
Dalla Serie D alla Serie C, un altro storico feudo di Gravina che negli Anni 90 ottenne una storica promozione col Castel di Sangro dei miracoli: “In Serie C, invece, appena si è incrinato il rapporto con lo storico alleato Ghirelli, l’ha sostituito con il giornalista Matteo Marani, per cui il presidente federale ha fatto apertamente campagna elettorale, e gli ha pure permesso di mantenere l’incarico (non retribuito) di direttore del museo di Coverciano”. Buoni i rapporti pure con l'AIC: “Umberto Calcagno ha raccolto l’eredità di Damiano Tommasi (grazie all’aiuto di Gravina, che ha convinto Tardelli a ritirarsi dalla corsa con un incarico ben pagato in Federazione), ed è suo vicepresidente in Figc”. Chi rimane? Ah sì, gli Allenatori: “Sono ancora guidati dal vecchio Renzo Ulivieri, che è pure direttore della prestigiosa scuola federale di Coverciano. E che infatti ha minimizzato: 'Le colpe sono di tutti', il modo migliore per dire che non sono di nessuno”. Infine gli arbitri: “Cacciato Trentalange in seguito allo scandalo del procuratore D’Onofrio (da cui però è uscito scagionato), Gravina contare su Pacifici, e ha provato a cambiare le regole per far eleggere un suo uomo. Intanto, ha ottenuto la conferma biennale del fidato Gianluca Rocchi come designatore, ruolo temutissimo dai patron di Serie A”.
Lotito, la Serie A e la Serie B gli unici nemici
Insomma, a essere contro Gravina è una sparuta minoranza, anche se rumorosa, guidata dal senatore Lotito e che raccoglie diversi presidenti di Serie A, cui recentemente si è unita - in una disperata a quasi impossibile fronda - la Serie B di Mauro Balata: ma che potranno fare da soli? Le conclusioni de Il Fatto Quotidiano sono disarmanti: “Gravina teme solo le pressioni delle politica. Ma fin qui dai partiti si sono alzate voci deboli e sparute”. E ancora: “L’onda che nel 2018 portò al commissariamento della Figc oggi non sembra montare. Anche perché il ministro Abodi tentenna come suo solito. E Malagò, che all’epoca fece il diavolo a quattro contro Tavecchio, non dice una parola su Gravina, che giusto pochi giorni fa ha pubblicamente sposato la sua causa per la riconferma al Coni". Insomma, Gravina potrà fallire pure il terzo Mondiale di fila, sarà difficile smuoverlo dalla poltrona: “Oggi Gravina si sente invincibile. Se sopravvive non ad una, ma a due apocalissi nazionali, che governi pure in eterno”.