Juve, Bonucci: Con Allegri non berrei più neanche un caffè, Cr7 s'incaponiva nelle giocate
Alla Juventus tornerebbe da allenatore ("Il mio sogno è alzare la Champions da tecnico della Juventus visto che non ci sono riuscito da giocatore. Se Giorgio dovesse essere l’a.d. il rapporto sarebbe doppio, professionale e d’amicizia... Prima però tutti e due abbiamo un percorso da fare") ma ancor gli brucia com'è finita la sua lunga storia d'amore con i bianconeri. Leo Bonucci si confessa a 360 gradi con la Gazzetta dopo il suo addio al calcio.
Il divorzio traumatico
La prima ferita fu il passaggio al Milan: un solo anno e poi il ritorno alla casa madre ma l'ultimo addio è stato doloroso. "Le finali di Champions sono state dolorose come l’addio alla Juve. Una cicatrice che fa ancora male. Mi sarebbe piaciuto un finale diverso, però forse non è ancora arrivato. Dopo la rabbia iniziale ho riflettuto, ci siamo confrontati e rinunciare all’azione legale è stata la cosa giusta, perché per me la Juve è sempre stata tutto, da quando giocavo a pallone in camera con mio fratello. L’amore resta intatto".
La lite tra Bonucci e Allegri
Sullo sfondo la lite con Allegri, nata nella gara col Palermo: "Una reazione istintiva che potevo gestire meglio. Le scelte invece sono state conseguenze di situazioni vissute che mi hanno migliorato come calciatore e uomo. In questi giorni ho avuto la riprova di essermi comportato in modo giusto nel gruppo. La parte più bella sono i messaggi privati dei compagni. Ho fatto una carriera bella da antipatico, però non ho mai messo una maschera. Sono sempre stato me stesso e, quando ho sbagliato, ho pagato le conseguenze".
"Ho parlato con lui l’ultima volta a maggio 2023 a Udine. Ognuno si comporta come meglio crede. Per ciò che abbiamo vissuto insieme, pur nei contrasti, penso che si potesse gestire tutto diversamente, anche il fatto di non volermi più in rosa. Se dovessi incontrarlo in un bar lo saluterei, di sicuro non lo chiamerei io per prendere un caffè".
Il rapporto con Ronaldo
C'è spazio anche per un ricordo di Ronaldo: "Portare Cristiano sembrava significasse vincere la Champions ma il calcio non è una scienza esatta. Cristiano ci ha dato tanto come mentalità. A volte in campo s’incaponiva nel cercare la giocata, ma a un fuoriclasse va concesso: con lui partivamo sempre 1-0. Come tutti i numeri uno aveva bisogno dei suoi spazi, anche a Gigi Buffon succedeva".