Juventus, Agnelli e Nedved in aula per processo plusvalenze
Riprende la discussione in Tribunale, a Roma e non a Torino, sulle accuse agli ex vertici bianconeri: in nove gli imputati oltre allo stesso club bianconero
Dopo la decisione della Cassazione di spostare da Torino a Roma il processo per questioni di competenza territoriale e dopo la richiesta di i rinvio a giudizio dei pm capitolini Lorenzo Del Giudice e Giorgio Orano, si riapre oggi il processo plusvalenze per la Juventus.
Agnelli e Nedved in aula
Tornano in aula, stamattina davanti al gup di Roma Anna Maria Gavoni, nove imputati, tra i quali l’ex presidente bianconero Andrea Agnelli, l’allora vice Pavel Nedved e altri 6 ex dirigenti, oltre allo stesso club, chiamato in causa come responsabile amministrativo, tutti sotto accusa per le plusvalenze e le manovre stipendi della Juve oltre che di manipolazione del mercato, false comunicazioni sociali delle società quotate, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ostacolo agli organi di vigilanza.
Un'inchiesta che dura da due anni
Per quasi due anni - scrive il Corriere della sera nell'edizione di Torino - il nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Torino aveva spulciato atti e documenti relativi a compravendite sospette di giocatori — secondo la tesi accusatoria — e alle due manovre stipendi in periodo Covid; intercettando anche i telefoni di alcuni dirigenti bianconeri. Durante le indagini preliminari, coordinate dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dal pubblico ministero Mario Bendoni, erano state chieste anche alcune misure cautelari, bocciate però dal gip. Si era così arrivati all’udienza preliminare: e a quel punto, il gup Marco Picco aveva mandato gli atti alla corte di Cassazione: con un’ordinanza ai sensi del nuovo articolo 24-bis del codice di procedura penale, ovvero la disposizione rubricata come «rinvio pregiudiziale alla corte di Cassazione per la decisione sulla competenza per territorio», e introdotta dalla riforma Cartabia.
A quel punto, i giudici avevano deciso di spedire il procedimento a Roma, come da richiesta in subordine dalle difese — tra cui gli avvocati Maurizio Bellacosa, Luigi Chiappero, Davide Sangiorgio, Paola Severino, Maria Turco — che avevano indicato come foro competente Milano.